
POLITICA
24 aprile 2013
Tornare indietro per andare avanti
Intervista a Enrico Berlinguer
La passione è finita?
Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora...
Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.
È quello che io penso.
Per quale motivo?
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.
Lei fa un quadro della realtà italiana da far accapponare la pelle.
E secondo lei non corrisponde alla situazione?
Debbo riconoscere, signor Segretario, che in gran parte è un quadro realistico. Ma vorrei chiederle: se gli italiani sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne accorgono. Altrimenti voi avreste conquistato la guida del paese da un pezzo.
La domanda è complessa. Mi consentirà di risponderle ordinatamente. Anzitutto: molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel '74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell'81 per l'aborto, gli italiani hanno fornito l'immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane.
Veniamo all'altra mia domanda, se permette, signor Segretario: dovreste aver vinto da un pezzo, se le cose stanno come lei descrive.
In un certo senso, al contrario, può apparire persino straordinario che un partito come il nostro, che va così decisamente contro l'andazzo corrente, conservi tanti consensi e persino li accresca. Ma io credo di sapere a che cosa lei pensa: poiché noi dichiariamo di essere un partito "diverso" dagli altri, lei pensa che gli italiani abbiano timore di questa diversità.
Sì, è così, penso proprio a questa vostra conclamata diversità. A volte ne parlate come se foste dei marziani, oppure dei missionari in terra d'infedeli: e la gente diffida. Vuole spiegarmi con chiarezza in che consiste la vostra diversità? C'è da averne paura?
Qualcuno, sì, ha ragione di temerne, e lei capisce subito chi intendo. Per una risposta chiara alla sua domanda, elencherò per punti molto semplici in che consiste il nostro essere diversi, così spero non ci sarà più margine all'equivoco. Dunque: primo, noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità. Le sembra che debba incutere tanta paura agli italiani?
Veniamo alla seconda diversità.
Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.
Onorevole Berlinguer, queste cose le dicono tutti.
Già, ma nessuno dei partiti governativi le fa. Noi comunisti abbiamo sessant'anni di storia alle spalle e abbiamo dimostrato di perseguirle e di farle sul serio. In galera con gli operai ci siamo stati noi; sui monti con i partigiani ci siamo stati noi; nelle borgate con i disoccupati ci siamo stati noi; con le donne, con il proletariato emarginato, con i giovani ci siamo stati noi; alla direzione di certi comuni, di certe regioni, amministrate con onestà, ci siamo stati noi.
Non voi soltanto.
È vero, ma noi soprattutto. E passiamo al terzo punto di diversità. Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche -e soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC- non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell'attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. È un delitto avere queste idee?
Non trovo grandi differenze rispetto a quanto può pensare un convinto socialdemocratico europeo. Però a lei sembra un'offesa essere paragonato ad un socialdemocratico.
Bè, una differenza sostanziale esiste. La socialdemocrazia (parlo di quella seria, s'intende) si è sempre molto preoccupata degli operai, dei lavoratori sindacalmente organizzati e poco o nulla degli emarginati, dei sottoproletari, delle donne. Infatti, ora che si sono esauriti gli antichi margini di uno sviluppo capitalistico che consentivano una politica socialdemocratica, ora che i problemi che io prima ricordavo sono scoppiati in tutto l'occidente capitalistico, vi sono segni di crisi anche nella socialdemocrazia tedesca e nel laburismo inglese, proprio perché i partiti socialdemocratici si trovano di fronte a realtà per essi finora ignote o da essi ignorate.
Dunque, siete un partito socialista serio...
...nel senso che vogliamo costruire sul serio il socialismo...
Le dispiace, la preoccupa che il PSI lanci segnali verso strati borghesi della società?
No, non mi preoccupa. Ceti medi, borghesia produttiva sono strati importanti del paese e i loro interessi politici ed economici, quando sono legittimi, devono essere adeguatamente difesi e rappresentati. Anche noi lo facciamo. Se questi gruppi sociali trasferiscono una parte dei loro voti verso i partiti laici e verso il PSI, abbandonando la tradizionale tutela democristiana, non c'è che da esserne soddisfatti: ma a una condizione. La condizione è che, con questi nuovi voti, il PSI e i partiti laici dimostrino di saper fare una politica e di attuare un programma che davvero siano di effettivo e profondo mutamento rispetto al passato e rispetto al presente. Se invece si trattasse di un semplice trasferimento di clientele per consolidare, sotto nuove etichette, i vecchi e attuali rapporti tra partiti e Stato, partiti e governo, partiti e società, con i deleteri modi di governare e di amministrare che ne conseguono, allora non vedo di che cosa dovremmo dirci soddisfatti noi e il paese.
Secondo lei, quel mutamento di metodi e di politica c'è o no?
Francamente, no. Lei forse lo vede? La gente se ne accorge? Vada in giro per la Sicilia, ad esempio: vedrà che in gran parte c'è stato un trasferimento di clientele. Non voglio affermare che sempre e dovunque sia così. Ma affermo che socialisti e socialdemocratici non hanno finora dato alcun segno di voler iniziare quella riforma del rapporto tra partiti e istituzioni -che poi non è altro che un corretto ripristino del dettato costituzionale- senza la quale non può cominciare alcun rinnovamento e sanza la quale la questione morale resterà del tutto insoluta.
Lei ha detto varie volte che la questione morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?
La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semmplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono profare d'essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.
Signor Segretario, in tutto il mondo occidentale si è d'accordo sul fatto che il nemico principale da battere in questo momento sia l'inflazione, e difatti le politiche economiche di tutti i paesi industrializzati puntano a realizzare quell'obiettivo. È anche lei del medesimo parere?
Risponderò nello stesso modo di Mitterand: il principale malanno delle società occidentali è la disoccupazione. I due mali non vanno visti separatamente. L'inflazione è -se vogliamo- l'altro rovescio della medaglia. Bisogna impegnarsi a fondo contro l'una e contro l'altra. Guai a dissociare questa battaglia, guai a pensare, per esempio, che pur di domare l'inflazione si debba pagare il prezzo d'una recessione massiccia e d'una disoccupazione, come già in larga misura sta avvenendo. Ci ritroveremmo tutti in mezzo ad una catastrofe sociale di proporzioni impensabili.
Il PCI, agli inizi del 1977, lanciò la linea dell' "austerità". Non mi pare che il suo appello sia stato accolto con favore dalla classe operaia, dai lavoratori, dagli stessi militanti del partito...
Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industializzati -di fronte all'aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all'avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza- non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la "civiltà dei consumi", con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. La diffusione della droga, per esempio, tra i giovani è uno dei segni più gravi di tutto ciò e nessuno se ne dà realmente carico. Ma dicevamo dell'austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell'economia, ma che l'insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l'avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell'austerità e della contemporanea lotta all'inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati.
E il costo del lavoro? Le sembra un tema da dimenticare?
Il costo del lavoro va anch'esso affrontato e, nel complesso, contenuto, operando soprattutto sul fronte dell'aumento della produttività. Voglio dirle però con tutta franchezza che quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli -come al solito- ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire.
«La Repubblica», 28 luglio 1981

POLITICA
23 maggio 2011
L'unica maniera per realizzare i propri sogni è svegliarsi /4 - La mobilitazione permanente
Tumulto e fragore, la battaglia
sembra caotica ma non c’è disordine : le truppe che manovrano ordinatamente non possono essere vinte.
Sun-Tzu, L’arte della guerra
Non è detto che quello che è chiaro per noi sia evidente
anche per gli altri ed è per questo che è fondamentale spiegare bene le ragioni di una battaglia politica che come
suo obbiettivo iniziale deve avere le
dimissioni del Presidente del Consiglio ma che deve guardare anche al futuro immediato del Paese
attraverso una proposta in grado di modificare il quadro degli equilibri e una
proposta programmatica con la quale dare un carattere positivo all’iniziativa
politica. La partita decisiva deve essere giocata anzitutto sul fronte della
chiarezza ovvero sulla capacità di spiegare in modo semplice le ragioni per le
quali il Presidente del Consiglio deve dimettersi, questo è il punto di
partenza della mobilitazione permanente.
1. Perché SB si deve dimettere
Spezzare l’incantesimo del berlusconismo è diventato
urgentissimo : non si tratta solo di rompere il groviglio di false promesse,
rituali e credenze su cui è fondato questo credo pagano, l’aspetto critico è
costituito dal fatto che il berlusconismo ha ormai raggiunto la sua configurazione
estrema : la pornocrazia.
Per pornocrazia si deve intendere una forma di egemonia caratterizzata
dall’onnipresenza dell’oscenità : quando
è oscena l’ampiezza del potere politico, legislativo, economico e finanziario
di cui dispone il dominus , quando è oscena l’estensione del conflitto di interessi
di cui il dominus è portatore, quando è oscena
la virulenza dell’attacco che viene portato all’equilibrio dei poteri, quando è
oscena la potenza mediatica che viene messa in campo, quando è oscena la
dimensione della stupidità collettiva che sostiene il potere, quando è oscena la
diffusione dei comportamenti borderline e criminogeni alimentati dal dominus, quando è oscena la protervia con quale il dominus stesso
diffonde le sue menzogne, allora il
potere assume la forma di una pornocrazia.
Quando il potere assume la forma di una pornocrazia, il
dominus è in grado di far leva sul potere esecutivo per manipolare a comodo suo
il potere legislativo allo scopo di disarticolare il potere giudiziario e ottenere per sé l'impunità. Non solo, nella
pornocrazia la manipolazione dell'opinione pubblica con false promesse e
menzogne plateali è all’ordine del giorno ma si può arrivare addirittura a
manipolare una nuova maggioranza parlamentare non legittimata dal voto popolare
per avallare una storiella fantasmagorica riguardante il caso di una prostituta
minorenne fermata per furto ma fatta liberare per evitare una presunta crisi
diplomatica.
Quando il potere assume la forma di una pornocrazia e il
dominus usa il potere politico per aggiustare le proprie pendenze con la
Giustizia e per aumentare la dimensione e il peso dei propri interessi
personali mettendo in crisi tutto
l’equilibrio dei poteri su cui si fonda l’assetto di un regime democratico, quando
il dominus non è credibile, non è affidabile, non è idoneo, non è degno, non è
capace, non c’è che una strada per opporsi alla deriva : la mobilitazione
permanente.
Per fermare il dominus quello che conta è far capire alla
maggioranza degli italiani che un «uomo malato» che frequenta minorenni, lenoni
e spacciatori condannati non può fare il Presidente del Consiglio, un indagato
per mafia non può fare il Presidente del Consiglio, un collezionista di processi non può fare il
Presidente del Consiglio, uno sbandato che mente spudoratamente - le storielle
sulla «nipote di Mubarak», sulla «fidanzata», sulla «villa di Lampedusa», sul
«patto scritto tra Fini e la Magistratura» sono solo alcune delle perle più
recenti – non può fare il Presidente del Consiglio ma soprattutto il Paese non
può essere guidato da chi spergiura sulla Costituzione.
2. La proposta politica
Se dunque è prioritario spiegare bene ai cittadini tutte
le motivazioni che sottostanno alla richiesta di dimissioni del Presidente del
Consiglio in modo da provocare una vera e propria crisi di rigetto nell’opinione
pubblica, non è di minore importanza avanzare una proposta politica in grado
di spostare l’asse degli equilibri politici e parlamentari e il consenso si può
spostare quando si offre una prospettiva, quando si indica una strada per
uscire dalla palude. Questo deve diventare un punto di snodo della mobilitazione
permanente.
Come si è già detto in precedenza, SB teme fondamentalmente
tre scenari :
1. un nuovo governo di centro-destra a guida Tremonti o Maroni
2. un governo tecnico-istituzionale senza politici
3. un Governo di Emergenza e di Unità Nazionale con le forze politiche
disponibili
ma lo scenario che in assoluto teme di più è il secondo, una
sorta di replica del Governo Ciampi , perché con un governo del genere l’attuale
Presidente del Consiglio perderebbe
inesorabilmente non solo il potere che gli viene dalla carica istituzionale ma anche lo status di intoccabile.
In tal senso una proposta idonea potrebbe essere quella di un "Governo del Presidente e della Costituzione" ,
un Governo formato da personalità di spicco e di alto profilo morale e
culturale, senza il coinvolgimento diretto dei partiti politici ma con
il sostegno esterno di tutte le forze parlamentari disposte a voltare
pagina, che avrebbe appunto il compito di varare una serie di
provvedimenti urgenti in tema di crisi economica, di avviare un
programma di riforme condiviso dalle principali forze politiche e di
preparare il terreno per una legislatura costituente.
3. La proposta programmatica
Ma chiedere con forza le dimissioni del Presidente del
Consiglio ed avanzare una proposta politica in grado di normalizzare il quadro
politico non può bastare, manca ancora il passaggio decisivo, quello che può
rendere veramente efficace la mobilitazione permanente : un ventaglio di proposte concrete per
attaccare la crisi morale ed economica che attanaglia il Paese e farci uscire dall’incantesimo
del berlusconismo. Quando milioni di individui, uomini e donne in carne ed
ossa, vogliono contare come cittadini e
i più giovani vogliono un’opportunità
per realizzarsi e soprattutto vogliono
un futuro, solo un progetto politico
complessivo e un arsenale di proposte concrete possono sviluppare una
mobilitazione permanente in grado di incidere sul mondo come è adesso per farlo
diventare come vorremmo che fosse.
Una mobilitazione che al momento ha il carattere della
spontaneità e della protesta episodica può diventare una mobilitazione
permanente e una «rivoluzione etica»
in grado di cambiare lo stato delle cose solo se riesce ad ancorare la sua
azione a dei principi-guida solidi, lungo direttrici ben delineate - la
giustizia sociale, la lotta al privilegio, la difesa degli svantaggiati, la
centralità del lavoro, la "questione morale" come fulcro dell'etica
pubblica e della convivenza civile, la tutela della salute e dell’ambiente, i
diritti civili, la democrazia intesa come partecipazione e condivisione – e a sviluppare
idee, progetti e proposte concrete in grado di attirare consenso e creare
quello slancio verso il futuro di cui hanno bisogno le giovani generazioni.
Il profumo dei gelsomini ha annunciato una nuova primavera, il fremito dell'indignazione annuncia adesso un nuovo futuro.
(continua)

POLITICA
28 aprile 2011
L'unica maniera per realizzare i propri sogni è svegliarsi /3 - La partita decisiva
« Chi è in grado di
distinguere quando è il momento di dare battaglia, e quando non lo è, riuscirà
vittorioso ».
Sun-Tzu, Arte della guerra
"Noi abbiamo dato la nostra disponibilità a lanciare
una fase costituente con le forze che ci stanno, per aprire una crisi e
proporre un governo alternativo. Ma a questo punto – aveva detto D’Alema
nell’intervista del 30 gennaio concessa
a “La Repubblica” - se Berlusconi non prende atto
dell'insostenibilità della sua posizione di premier, l'unica soluzione è quella delle elezioni
anticipate" […] Perché la situazione precipita. La crisi
politico-istituzionale, l'accavallarsi delle vicende giudiziarie, la guerra tra
i poteri dello Stato. Cos'altro deve succedere, per convincerci della necessità
di una svolta?".
A metà febbraio Bersani commenta laconico : se Berlusconi
«non fa un passo indietro bisogna che ci convinciamo chea questo punto il male minore è andare alle elezioni ».
Ancora due settimane
fa Bersani ribadisce il concetto : «Io non sono precluso a niente. Noto soltanto
che dalla nostra proposta di un governo di transizione, le cose sono cambiate.
Sono arrivati i responsabili che hanno in mano la situazione. Per questo
l'ipotesi, per non stare dove stiamo, potrebbe essere soltanto quella delle
elezioni anticipate che sono sempre meglio di restare in questa situazione».
«Al di là dei sondaggi è del tutto evidente che la permanenza di
Berlusconi al governo del Paese è un enorme danno. E che le elezioni sono
l'unica via di uscita» Lo ha detto giorni fa Massimo D'Alema commentando gli ultimi sondaggi che darebbero il
centrosinistra in vantaggio sul il centrodestra, anche se di pochissimo.
Come si è giunti ad auspicare le elezioni anticipate senza
se senza ma visto che nei mesi precedenti
in più occasioni si era ribadito di non voler tornare alle urne prima di aver riformato la
legge elettorale ?
Il cambio di direzione deriva in parte dallo smacco del 14
dicembre e dall’evidente difficoltà nel produrre una crisi parlamentare in
grado di scalzare il Presidente del Consiglio e dall’altra da un certo ottimismo
derivante da sondaggi che sembrano da un
certo momento in poi promettere risultati positivi : "I sondaggi -
spiega D’Alema a metà
febbraio - dicono che se andiamo alle
elezioni come centrosinistra con tre poli, noi vinciamo le elezioni. Se
andiamo, come io propongo, con una larga coalizione democratica, le vinciamo
largamente".
E le altre ipotesi che erano state messe in campo ? L’ipotesi di
un’ Alleanza Costituzionale "aperta a tutte le forze che alla
svolta autoritaria di Berlusconi sono pronte a dire di no” in grado di formare
un governo di transizione sembrerebbe piuttosto improbabile, mancano troppi
requisiti perché un’alleanza del genere possa consolidarsi, ammesso e non
concesso che possa formarsi.
Una certa plausibilità potrebbe averla forse l’ipotesi di un Governo di
Salvezza e di Unità Nazionale che è stata di nuovo rimessa in primo piano dal
duo Pisanu-Veltroni con la formula del “Governo di Decantazione” ma la proposta è stata accolta con
scetticismo e poi il problema di fondo di questa proposta è la sua ambiguità,
non a caso essa ha tutta l’aria di essere una riverniciatura di proposte già avanzate
da altri in passato, anche se con sfumature via via diverse, e persino SB, a
suo modo, se ne era appropriato quando
con la lettera al Corriere del 31 gennaio scorso propose “a Bersani di agire
insieme in Parlamento, in forme da concordare, per discutere senza pregiudizi
ed esclusivismi un grande piano bipartisan per la crescita dell’economia
italiana”. L’idea “che sia necessario un periodo di decantazione, di
rasserenamento del Paese, di operosa sintonia con le attese degli italiani” è certamente
condivisibile ma è vuota se non si precisa il profilo politico e programmatico di
questa ipotetica fase di decantazione. Suggerire semplicemente un ampio ed esauriente confronto
parlamentare e di porre mano alle
emergenze in corso e di riformare la legge elettorale è del tutto vago e
riporta il dibattito politico indietro di mesi. Nella proposta del duo
Pisanu-Veltroni affiora poi quel retrogusto di melassa appiccicosa che tanti
danni ha già fatto in passato, nella
lettera al Corriere il Presidente del Consiglio non viene nemmeno nominato,
sembra di essere tornati ai tempi in cui si parlava di SB come del «principale
esponente dello schieramento a noi avverso».
Insomma la linea è ancora quella ribadita da D’Alema nell’intervista
pubblicata oggi da “La Repubblica” , alla domanda di Giannini "E il "governo di decantazione" proposto da veltroni e Pisanu come lo giudica? ecco la risposta di D’Alema : "È stata una proposta positiva. Ed è
lodevole che il senatore Pisanu abbia condiviso la proposta di Veltroni. Ma
purtroppo mi pare che le repliche siano state durissime: possiamo proporre
qualunque soluzione, ma finché Berlusconi dimostrerà di non volersene andare e
continuerà ad imprigionare la sua maggioranza asservendola ai suoi interessi,
sarà tutto inutile. Per questo, insisto, per noi non c'è altro spazio politico
se non quello di batterlo alle elezioni".
Quello che però D’Alema non dice è che le difficoltà incontrate
nell’aprire una fase costituente con un
governo con le forze che ci stanno vengono semplicemente trasposte da uno scenario all’altro senza soluzione di
continuità perché da un lato SB non si dimette e anzi gioca la sua partita in
modo ossessivo alzando di giorno in
giorno la posta dello scontro tra i poteri dello Stato , dall’altro lato
le
forze che dovrebbero starci tentano
di fare un loro gioco nella prospettiva di consolidare la propria consistenza e
diventare l’ago della bilancia di equilibri futuri, di fatto si invocano le
elezioni anticipate senza aver risolto nessuno dei problemi sui quali nei mesi precedenti si era
incagliata l’iniziativa politica del partito e dell’opposizione : SB non si
dimette e per il momento non sembra esserci una leva in grado forzare il quadro
politico in modo tale che il Presidente del Consiglio sia costretto a fare un
passo indietro, non si è consolidata l’ipotesi del Nuovo Ulivo, il nodo della
leadership è rimasto irrisolto e continua ad essere fonte di diatribe, l’ipotesi
della Santa Alleanza sembra essersi dissolta definitivamente dopo l’ennesimo NO
di Casini , la proposta programmatica è rimasta
evanescente, ambiziosa nelle intenzioni - “Dobbiamo dare una prospettiva di
ricostruzione futura del Paese. Le macerie del berlusconismo sono enormi:
regole democratiche devastate, principi di legalità calpestati, istituzioni
svilite. Dobbiamo mettere in campo un progetto di rilancio dell'economia e
della crescita, dopo gli ultimi dieci anni sprecati dal berlusconismo” - ma
vuota nei contenuti. D’Alema sembra quasi voler far propria la “vocazione
maggioritaria" di Veltroni – “Spetta a noi del Pd fare tutto questo, con una
proposta che deve essere rivolta innanzi tutto ai cittadini italiani e che miri
ad unire il più ampio schieramento democratico possibile. Quando si andrà a
votare per il governo del Paese la nostra proposta politica mostrerà tutta la
sua forza, e con essa dovranno misurarsi tutti gli altri partiti" – ma in
fin dei conti il problema è sempre il solito : manca la capacità di coagulare il
consenso attorno ad alcune proposte politiche e programmatiche precise e
chiare.
Se a questi motivi di perplessità che riguardano la
debolezza del profilo politico del PD e in generale dell’opposizione aggiungessimo
altre considerazioni di ordine generale ovvero
1)
la crisi finanziaria è grave e soggetta a sviluppi
imprevedibili come dimostrano le ricorrenti tensioni sui mercati, non è il
momento per dare segnali di ulteriore incertezza
2) anche a causa della pessima legge elettorale in vigore, le elezioni potrebbero
produrre una situazione di stallo senza vinti né vincitori
3) le elezioni sono un’opzione che lo stesso Presidente
del Consiglio potrebbe prendere in considerazione se la situazione diventasse
per lui ingestibile o se ritenesse necessario usare l’arma delle elezioni per
uscire dall’accerchiamento a cui rischia di essere sottoposto, anzi ci sono
segnali che farebbero pensare che il Presidente del Consiglio stia cercando la
crisi per andare ad elezioni anticipate
4) i sondaggi possono risultare ingannevoli e offrire
aspettative irrealistiche e poi bisogna considerare che il Presidente del Consiglio è
spregiudicato, il tipo è pronto a
qualunque sparata pur di accattivarsi una manciata di voti, potrebbe rivincere.
allora potremmo dedurne che le elezioni anticipate come esito di una possibile crisi dell’attuale quadro
politico non sono comunque la soluzione migliore per neutralizzare il Presidente del Consiglio.
Per neutralizzare il Presidente del Consiglio è necessario puntare alle sue dimissioni e determinare una situazione tale da rendere problematica anche la sua ricandidatura alle prossime elezioni. Per raggiungere l'obbiettivo è fondamentale focalizzare l'attenzione e centrare l'iniziativa politica su tutta una serie di elementi che potrebbero accellerare la crisi del quadro politico.
Come ottenere le dimissioni del Presidente del Consiglio ?
Al momento sembra una missione impossibile ma ci sono alcuni varchi che sono
aperti e che non vengono sfruttati a dovere
dall’opposizione : il primo varco è la
crescente debolezza politica del Presidente del Consiglio ormai impigliato in
giochi politici sempre più azzardati
che
lo rendono ricattabile e dunque incapace di gestire il quadro politico con
disinvoltura, un secondo varco è costituito dal crescente calo di credibilità del
Presidente del Consiglio dovuto a dichiarazioni talmente avventate da rasentare
un rischio autodistruttivo, ha perso la bussola
se mai l’avesse avuta, un terzo varco è aperto sul fronte delle
defezioni, chi ancora sta accanto all’appestato comincia ad avere paura di
prendersi la peste. Basterebbero già questi elementi
per ipotizzare che la vicenda politica del
Presidente del Consiglio potrebbe giungere al capolinea entro l’estate ma per
avere la certezza di raggiungere l’obbiettivo delle dimissioni del Presidente
del Consiglio al più presto, tutti coloro che hanno ancora il senso della
decenza, dell’onore e della legalità devono mobilitarsi.
Solo una mobilitazione
popolare permanente potrà aprire un quarto varco, quello più importante, per iniziare la partita decisiva, quella che va innanzitutto giocata sul fronte della chiarezza ovvero
sulla capacità di far capire all’opinione pubblica ancora incerta e confusa i
motivi per i quali il Presidente del Consiglio deve dimettersi. Se questa prima fase della partita venisse giocata in modo efficace allora il secondo tempo
della partita potrebbe essere giocato arricchendo lo schema tattico con una proposta politica in grado di accentuare la crisi politica del
Presidente del Consiglio.
Per riuscire a provocare le
dimissioni del Presidente
del Consiglio e determinare una situazione tale da neutralizzarlo
politicamente è necessario avanzare una proposta con la quale poter sganciare il destino politico del Presidente
del Consiglio da quello della legislatura, una proposta in grado di attirare consenso diffuso e in grado di spostare i rapporti di forza nel Paese e nel Parlamento e la proposta potrebbe essere quella di un "Governo del Presidente e della Costituzione" , un Governo formato da personalità di spicco e di alto profilo morale e culturale, senza il coinvolgimento diretto dei partiti politici, che avrebbe appunto il compito di terminare la legislatura traghettando il Paese verso lidi più sicuri e verso un clima politico meno avvelenato.
Se anche questo secondo tempo della partita venisse giocato in
modo efficace, allora sarebbe
possibile rafforzare ulteriormente l’iniziativa politica con una proposta
programmatica di ampio respiro.
Questo è un passaggio essenziale, forse in assoluto il più importante, perché l'iniziativa politica non può diventare efficace se non è ancorata ad una proposta programmatica in grado di catalizzare interesse e consenso.Se durante queste prime fasi della partita lo
schema di gioco si mantenesse chiaro nella spiegazione dei motivi che rendono
necessarie le dimissioni di SB,
lineare nella
formulazione di una proposta politica condivisibile e di alto profilo, coerente
nell'offrire un programma
politico
efficace e credibile,
lo sviluppo
naturale di tutto ciò non potrebbe che essere la crisi del quadro politico
attuale e la determinazione di un nuovo
scenario.
(continua)
N.B. La
prima parte di questo contributo è stata pubblicata in data 21 febbraio e la
seconda parte è stata pubblicata in data 22 febbraio
berlusconi
d'alema
crisi
pd
veltroni
| inviato da
torquemada58 il 28/4/2011 alle 15:30 | |

POLITICA
22 febbraio 2011
L'unica maniera per realizzare i propri sogni è svegliarsi /2 - Che fare ?
Analizzare i vantaggi serve a elaborare i piani. Analizzare gli svantaggi serve a evitare i danni.
Sun-tzu
Come ci attestiamo tatticamente in relazione ad un quadro politico che potrebbe svilupparsi da un momento all’altro secondo linee imprevedibili ? Dunque, cosa proponiamo ? Anzitutto proponiamo le dimissioni di SB, le parole di Franceschini pronunciate alla Camera sono state nette : "Anche se non ci fossero reati Berlusconi può forse continuare a guidare il Paese dopo i fatti che sono avvenuti e che abbiamo letto? Chiediamo in quest'aula: abbia un sussulto di dignità, si dimetta, vada a difendersi nelle aule di tribunali dalle accuse infamanti che ha ricevuto". Bene, ma poi ?
Il tempo di SB è scaduto ma proverà, intrallazzando e cavillando, a neutralizzare i processi che lo riguardano, proverà con tutte le sue forze ad escogitare una exit strategy. L’accanimento nel trovare una soluzione e/o un rinvio per i suoi guai con la giustizia lo porterà a forzare i rapporti istituzionali, quest’accanimento è ovviamente un segno di estrema debolezza e come tale andrà interpretato e sottolineato, sul piano politico la forsennata ricerca di una scappatoia per sfuggire ai guai con la giustizia mentre il paese va in malora sarà l'anticamera del suicidio perché a tutti apparirà sempre più chiaro che SB pensa solo ai problemi che lui stesso si è creato da solo con comportamenti irresponsabili e che non pensa affatto ai problemi del Paese.
La Lega lo appoggerà ancora per un po’ ma in aprile i nodi verranno al pettine in ogni caso: il Quirinale probabilmente non firmerà un’eventuale riforma della giustizia, forse comincerà il processo per il “Rubygate” e in quel periodo molti parlamentari matureranno il vitalizio e a quel punto si comincerà a ballare veramente. La verità è che stanno tutti navigando a vista : SB non sa bene cosa fare, la Lega soffre la pressione della sua base elettorale, una base sempre più insofferente nei confronti di SB e delusa dalle scelte ambigue dei suoi dirigenti, la Lega appena sentirà puzzo di bruciato tenterà di mettere SB sotto tutela ( con Tremonti o con Maroni ) , comunque l'agenda politica è ancora in mano a SB, per il momento.le opposizioni si barcamenano come possono ma non danno l'impressione di avere una linea di condotta efficace.
Ma c’è un altro scenario che potrebbe aprirsi senza preavviso : SB, messo alle strette dai processi e preso dal timore di subire una condanna a breve, potrebbe sparigliare le carte, buttare all’aria il tavolo e puntare alle elezioni, ha un potenziale elettorale ancora alto e considerando che il Terzo Polo mostra evidenti segni di crisi, che il Nuovo Ulivo non ha ancora preso forma e che ci sarà una tendenza alla polarizzazione degli schieramenti, potrebbe crearsi una pericolosa miscela nella quale potrebbero prevalere fattori imponderabili, SB teme le elezioni ma potrebbe decidere di rischiare il tutto per tutto.
C’è poi un terzo scenario che andrebbe preso in considerazione ed è quello che contempla l’opzione del salvacondotto ovvero una convergenza tra le forze politiche per offrire a SB una scappatoia legalizzata per evitare i processi ed eventuali condanne in cambio delle dimissioni e dell’uscita di scena.
Proviamo adesso a rovesciare la questione : invece di ipotizzare quale potrebbe essere lo scenario dominante delle prossime settimane, proviamo ad immaginare semplicemente quale potrebbe essere lo scenario più temibile per SB.
SB non teme lo scontro frontale con i PM, con Napolitano e con tutti coloro che lo potrebbero ostacolare, alzare polveroni e sfruttare la confusione generale sono il suo forte, SB è principalmente un inquinatore, il caimano si trova a suo agio nel fango, SB certamente teme i processi ma non al punto tale da prendere in considerazione le dimissioni solo per questo motivo.
SB non teme nemmeno le elezioni ovvero le teme ma non fino al punto da evitarle se la situazione dovesse diventare ingestibile.
In linea teorica potrebbe essere interessato ad un accordo di qualche tipo per ottenere un salvacondotto ma finché avrà la sensazione di poter risolvere le cose resistendo, tergiversando, bluffando ecc. ecc. farà di testa sua. Se dovesse trovarsi in un vicolo cieco, per guadagnare del tempo potrebbe far finta di accettare uno scambio barattando l’uscita di scena con l’impunità ma non c’è da fidarsi, SB è spregiudicato, è capace di qualunque mossa, mai fidarsi …
In realtà SB teme soprattutto l’isolamento internazionale e la neutralizzazione della sua azione politica, ovvero l’eventualità di non essere più il protagonista dello spettacolo. Non a caso SB era in grande apprensione nei giorni in cui si ventilava la possibilità che la legislazione continuasse con il varo di un “governo tecnico” … «Non mi dimetterò mai» … «Ma se questi faranno il governo tecnico noi gli scateneremo contro la guerra civile, avranno una reazione come nemmeno s’immaginano…».
Dobbiamo dunque riuscire a provocare le dimissioni di SB determinando una situazione tale da neutralizzare SB politicamente ed impedirne la ricandidatura alle prossime elezioni, in pratica si tratta di riuscire a sganciare il destino di SB da quello della legislatura.
SB teme fondamentalmente tre scenari :
1. un nuovo governo di centro-destra a guida Tremonti o Maroni
2. un “governo tecnico” senza politici
3. un Governo di Emergenza e di Unità Nazionale con le forze politiche disponibili
Uno qualsiasi di questi scenari determinerebbe la fine politica di SB ma ormai sembra che si punti in un'altra direzione se il Presidente del Consiglio dovesse dimettersi : le elezioni. Perchè ? Si tratta di un ennesimo errore di valutazione ?
berlusconi
crisi
pd
lega
elezioni
| inviato da
torquemada58 il 22/2/2011 alle 22:30 | |

POLITICA
21 febbraio 2011
L'unica maniera per realizzare i propri sogni è svegliarsi
Il post che segue nasce dall’esigenza di approfondire una
discussione nata su PDnetwork : al momento si tratta di un work in progress, il
tentativo è quello di inquadrare lo stato delle cose e indicare una prospettiva politica per uscire dalla crisi.
Un battaglia politica vincente non può che essere la risultante di una convergenza tra iniziativa politica e proposte programmatiche : la prima deve cogliere i caratteri del quadro politico in cui opera, le seconde devono dare all’iniziativa politica uno slancio tale da consentire il raggiungimento di obbiettivi tattici importanti, in politica si gioca per vincere, altre opzioni non sono consentite. Ma iniziativa politica e proposte programmatiche da sole non possono essere sufficienti per una battaglia politica vincente, servono anche un partito e un gruppo dirigente all’altezza della situazione.
Per sviluppare il discorso partiamo proprio da quest’ultima necessità, quella relativa al gruppo dirigente, ovvero dalla necessità di affidare e far gestire l’iniziativa politica ad un gruppo dirigente all’altezza della situazione. E’ ormai improcrastinabile l’esigenza di introdurre una
conventio ad excludendum per “rottamare” in via definitiva i molti personaggi che in tutti questi anni hanno avuto le loro occasioni ma non le hanno sapute sfruttare e che tuttora condizionano in modo negativo la vita del partito e l’elaborazione della linea politica. Sussistono delle perplessità, è inutile negarlo, anche riguardo a Bersani : una bella fetta della discussione sul leader del centro-sinistra nasce chiaramente dalle perplessità che nel tempo si sono accumulate sulla figura di Bersani, perplessità presenti all’interno del PD, tra i commentatori politici e nell’opinione pubblica. Si potrebbe aggiungere che se si andasse alla formazione di un Nuovo Ulivo, sarebbe del tutto normale considerare il Segretario del partito più importante della coalizione come il leader naturale della coalizione ma questa considerazione, per molti commentatori e per molti motivi, al momento non è per niente scontata.
Ora, il dubbio che a questo punto dovremmo sciogliere è il seguente : le perplessità che riguardano Bersani sono relative alla persona nel senso che il Segretario non viene ritenuto in grado di portare avanti una linea e un programma già definiti o comunque da definire oppure le perplessità che riguardano il Segretario sono soprattutto il riflesso di una linea politica traballante e di un programma evanescente ?
A suo tempo mi sono dichiarato favorevole all’ipotesi del cosiddetto «doppio cerchio» pur sottolineando la mancanza di un programma politico vero e proprio in grado di sostenerne lo schema tattico e in seguito, a metà gennaio, mi sono dichiarato favorevole all’ipotesi di invertire l’ordine dei fattori e di partire prima dal programma per arrivare alle alleanze proprio perché mi sembrava che con questa inversione fosse possibile colmare il vuoto programmatico purtroppo presente nello schema tattico del «doppio cerchio» . La situazione adesso però è cambiata e riguardo all’iniziativa politica, in un commento pubblicato su PDnetwork, ho già sottolineato quelli che a mio parere sono stati i due errori tattici maturati in questi ultimi giorni ovvero l’apertura alla Lega e la richiesta di elezioni anticipate. Rivolgendomi direttamente al Segretario ho scritto che :
1. con l'apertura di credito che hai fatto alla Lega con l'intenzione di scompaginare il fronte avverso, hai consegnato a Bossi un jolly potentissimo che lui userà invece per condizionare e pilotare SB a comodo suo. La mia opinione è che nonostante certi fremiti della base, la Lega non si staccherà da SB per molti motivi, il primo dei quali è che la Lega è interessata all'eredità politico-elettorale di SB e quindi non ha interesse a rompere con SB, ha interesse a metterlo sotto tutela : «Berlusconi si riposi, ci pensiamo noi».
2. chiedere le dimissioni di SB è sacrosanto ma chiedere le elezioni anticipate è sbagliato perché il quadro politico è troppo ingarbugliato : la peculiarità dei fattori in gioco e le incertezze del Terzo Polo tenderanno a creare una polarizzazione degli schieramenti e anche l'improbabile proposta di una Santa Alleanza non farebbe altro che ricompattare il centro-destra e rendere incerto l'esito del voto, soprattutto se SB fosse nelle condizioni di ripresentarsi ancora come leader.
Valutando complessivamente la situazione, il vero problema sembra proprio essere questo : l’iniziativa politica è continuamente traballante, insicura nelle sue configurazioni e non porta a risultati visibili. Non è visibile nemmeno il disegno di un programma agile e pragmatico. L’ipotesi della Santa Alleanza è tramontata, la formazione di un Nuovo Ulivo è in alto mare, ammesso e non concesso che sia possibile aprire sotto qualche forma una fase costituente non si vedono progetti già consolidati sui quali imbastire una discussione e/o una trattativa, anche la questione della legge elettorale che per alcuni mesi sembrava essere una sorta di cavallo di Troia per abbattere SB è finita nel dimenticatoio, i punti di un ipotetico programma di Governo sono appena accennati e non sarebbero comunque idonei per affrontare la gravità della crisi e i nodi problematici che soffocano il sistema-Paese, si chiedono le dimissioni di SB ma paradossalmente SB sembra aumentare le proprie capacità di resistenza, almeno per il momento…insomma, l’impressione è che le incertezze dell’iniziativa politica e la mancanza di un programma chiaro per segnare un’identità compongano un tutt’uno con le perplessità che si riverberano sul Segretario e su tutto il gruppo dirigente. Che fare ?
(continua)

POLITICA
11 novembre 2010
Siamo alle porte coi sassi
Ieri la Borsa di Milano è andata maluccio, i debiti sovrani di Irlanda e Portogallo sono stati messi sotto pressione ma, soprattutto, Mediaset ha perso il 6,48%. Ormai è quasi sicuro : le elezioni si allontanano, il governo tecnico anche, si avvicina un B. bis.
E noi ? Dopo che ci siamo impiccati con la legge elettorale, quale sarà la prossima corda ?
Eppure era tutto già chiaro alcuni mesi fa : l’attenzione andava rivolta subito e in modo ossessivo sui temi del lavoro, della legalità e della giustizia sociale inchiodando B. alle sue responsabilità e al suo fallimento politico.
Ora invece succederà che ci troveremo spiazzati in tutti i casi :
- l’ipotesi più probabile è che B. resista facendo un nuovo governo, allora la debolezza della nostra linea politica apparirà evidente soprattutto se Casini dovesse aggregarsi alla nuova compagnia cantante e se fosse il B. bis a mettere mano alla legge elettorale.
-Se B. dovesse cadere ma si dovessero creare le condizioni per un governo tecnico, avremmo dei seri problemi nell’affrontare una fase del genere non avendo una posizione di partito sulla riforma delle legge elettorale e avendo posizioni del tutto generiche sul resto.
- Se B. dovesse cadere e si andasse invece ad elezioni anticipate in tempi relativamente brevi, saremmo nelle peste perché il discorso delle alleanze è stato gestito fino ad adesso in modo maldestro e le proposte del PD per affrontare la gravità della crisi sono insufficienti e poco leggibili.
Quale sarà la prossima corda ? La previsione è facile : l’impasse acuirà le tensioni interne che ben presto potrebbero sfociare in una lotta fratricida, un bel tutti contro tutti. Ci saranno degli abbandoni ed infine potrebbe crearsi una spaccatura tra una sedicente ala sinistrorsa che si ricongiunge con Vendola e l’ala destrorsa che si fa attirare dalla sirena terzopolista. In pochi se lo ricordano ma nel 2008 D’Alema disse : «Nichi Vendola è l' unico in grado di rilanciare un'idea di sinistra in chiave moderna, gli altri mi sembrano troppo disorientati ». Massimo il Pessimo è capacissimo di fare una capriola e stringere la mano a Nichi come se nulla fosse : potrebbe portare in dote un 15% di PD, magari Nichi ci mette un 7% di SEL ed ecco che abbiamo un nuovo partito, il PISEL, il rosa pallido diventa rosso scolorito ed è fatta, si ritorna al 22%, più o meno come adesso. E’ il principio della realpolitik : «cambiare tutto per non cambiare niente» e rimanere in sella.
Anche Uòlter vuole rimanere in sella, ha già fissato la data per accendere la miccia e far esplodere la baracca : 15 gennaio 2011.